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Leggende sivigliane: conta le mani e trova l’amore

Un canto triste risuona per le strette stradine del centro storico: racconta un amore lontano vissuto all’ombra della luna sulle sponde di un fiume specchio di una città addormentata. Siviglia dà il benvenuto ai suoi visitatori con un lungo canto che parla di un amore perso per sempre, di uno sguardo languido, di una rosa tra i capelli e di un forte profumo di fiori d’arancio.

Romantica e speciale Siviglia nasconde nel suo florido seno leggende e miti che raccontano un passato di eroi, dame e splendide principesse rapite, favole antiche che solo i puri di cuore potranno scorgere aggirandosi curiosi tra le strade della città.

C’è una statua in alto sul lato destro della porta di ingresso al patio della Cattedrale, è lì che vi aspetta. Fermatevi, contate le sue mani e trovate la terza. Ed è così che Siviglia vi dirà se troverete l’amore vero…

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Tre giorni a Siviglia

Tempo fa un caro amico mi chiese consigli per un viaggio a Siviglia. Quando mi succede mi si illuminano sempre gli occhi, trovo che non ci sia nulla di più bello che svelare segreti nascosti di una città ormai tua. Mi ero già lanciata in mille discorsi citando al minuto 70 posti catalogati come “assolutamente da vedere”, non avevo neanche preso fiato, quando: “Calma, France’. Stiamo solo tre giorni…” Come concentrare i colori e la luce di Siviglia in soli tre giorni? Era una sfida, ma riuscì ad elaborare il programma perfetto.

L’amico fu felicissimo dell’itinerario e poco importa se lo seguì alla lettera. Così oggi, mentre scartabellavo tra quaderni vecchi e agende nuove ho ritrovato gli appunti per Tre Giorni a Siviglia e riveduti e corretti ho deciso di regalarli. Caso mai qualcuno abbia bisogno di un piccolo sogno andaluso.

Tre giorni a Siviglia: te vas a caer enamorado de Sevilla!

Sevilla es una maravilla e lo capirai bene entrando all’Alcázar: qui tra azulejos colorati, decorazioni arabe che sembrano avere la leggerezza dei merletti, giochi d’acqua e fontane nascoste sembra di essere i protagonisti di una delle favole le Mille e una Notte. Proprio di fronte alla meraviglia araba dall’altro lato della plaza del Triunfo si trova la più grande cattedrale gotica al mondo con il suo campanile simbolo di un’antica dominazione mudéjar. La Cattedrale di Siviglia è il simbolo della città e i tesori che nasconde al suo interno, oltre che alla splendida vista dall’alto della Giralda, valgono bene la coda all’ingresso.

Una tapa al mediodia? Uscito dalla Cattedrale dirigiti verso l’Ayuntamiento de Sevilla, attraversa la plaza San Francisco e una volta giunto sull’orlo del Salvador fermati. La plaza del Salvador sarà piena zeppa di gente che poco dopo le quattro si riunisce a bersi una birra, ma se non è un aperitivo quello che cerchi allora all’angolo sinistro della piazza, dal lato opposto della chiesa del San Salvador, un baretto bianco e azzurro saprà soddisfare amenamente le vostre richieste. Los Corales serve delle ottime tapas di carne e pesce: fantastico il calamaro con il riso, il solomillo con formaggio di capra e pancetta, le patatas bravas e le alette di pollo fritte. I prezzi sono modici e i modi dei camerieri sono squisiti.

Il pomeriggio io lo passerei scorazzando lungo il fiume dalla Torre dell’Oro fino alla Plaza de Toros, puoi affittare una bicicletta e spingerti oltre il ponte di Triana, oppure passeggiare ma goditi questo momento. Il Guadalquivir, i suoi colori, sono una delle meraviglie della città.

La prima serata sarà a Triana. Qui batte il cuore dei veri sivigliani. Inoltrati nei suoi vicoli, scopri i piccoli bar dove servono cruzcampo e tapas divine. Io qui ho conosciuto i calamari alla plancha de Las Golondrinas, ed è stato subito amore. La notte a Siviglia è giovane e prima dell’una nessuno esce. Un posto carino dove trovare locali, ascoltare musica e perché no gustarsi spettacoli di flamenco e sevillana improvvisati (qui tutti sanno ballare) è calle Betis, sul lungo fiume di Triana.

Il secondo giorno parti con estrema calma, quando il sole è già alto nel cielo smaltato e rifugiati tra i colori di Plaza de España. Non ci sono parole per descriverla. Devi assolutamente vederla in silenzio su e giù per i suoi ponti. Il Parque de Maria Luisa si estende ai suoi piedi e una bella passeggiata fino a plaza des Americas è d’obbligo. E’ un giardino segreto: tra le sue fronde si celano piccoli pappagallini colorati, pavoni, specchi d’acqua e grotte nascoste.

Non ti dimenticare l’altro simbolo di Siviglia, la Real Fábrica de Tabacos, sì proprio quella dove lavorò Carmen. Ora è la sede principale dell’università.

Per una tapa qui non hai che da chiedere, sono tante le botteghine che offrono montaditos caldi e piatti del giorno. Io ti consiglio di avventurarti nell’antico barrio di Santa Cruz proprio dietro la Alcázar e cercare quella che più ti piace, oppure nella parallela all’Avenida de la Costitución, calle Fernández y González trovi la Taberna Coloniales.

Un pomeriggio di shopping tra i negozi di calle Sierpes fino alla Campana e perché no la salita al Mirador de Las Setas per un caffè e un’ottima vista sui tetti di Siviglia.

La sera, soprattutto se è sabato, la devi passare alla Alameda de Hércules dove c’è il migliore dei ristorantini da tapas: Al Aljibe. Nella sua terrazza potrai scegliere tra tante tapas abbondanti e dell’ottimo vino andaluso. Quando sento la nostalgia del risotto corro qui e lo ordino, è delizioso. Altro piatto che non deve mancare è il bacalà in tempura.

Se la mattina dopo hai tempo prima di correre all’aeroporto potresti pensare di fare un giro fino alla chiesa della Macarena, oppure dedicarti alla splendida arte di Murillo nel museo delle Belle Arti, oppure avventurarti per il barrio di Santa Cruz alla ricerca della Casa di Pilato, oppure potrai spingerti là dove osano pochi turisti e esplorare il Centro de Arte Andalusa Contemporanea alla Cartuja, oppure… oppure…

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Un viaggio a Tarifa: la playa de Bolonia

Ho costanti déjà-vu. Un profumo, un colore, un raggio di sole mi trasportano indietro nel tempo, in luoghi lontani: come tanti biglietti aerei gratuiti. E così mentre sono in fila in macchina ad una rotonda, mentre aspetto paziente alla cassa del supermercato, mentre l’impiegato delle poste mi mette davanti uno scatafascio di pratiche da firmare per inviare un pacchetto grande un’unghia, la mia mente viaggia sempre lontano. C’è chi dice che ho perennemente la testa fra le nuvole e purtroppo ha ragione. Dimentico cose, date importanti, sovrappongo appuntamenti e ho la casa invasa da post-it che mi rimandano ad altri post-it sbiaditi e dagli angoli ricurvi. Sono una smemorata, ma giuro non ho mai perso un treno, un aereo e non ho mai sbagliato le coincidenze di autobus e metropolitane: ho la testa fra le nuvole che sa fare un’unica cosa, viaggiare.

Così questa mattina mentre mettevo in moto la macchina lasciando cadere a terra l’iphone tra le maledizioni comuni a tutti, mi sono ricordata di quella volta quando esasperata dal caldo torrido del maggio sivigliano ho convinto due girandoloni a prendere a noleggio un’auto e a scappare in spiaggia.

La mattinata era iniziata alle 7- vi giuro che per strada alle 7 di domenica mattina non incontrerete nessuno se non i festaioli della notte prima- e subito ci siamo brutalmente scontrati con la burocrazia spagnola. Perché eravamo italiani, ma pagavamo con una carta di credito spagnola. Le acrobazie e la bontà del coinquilino madrileño di uno dei due miei compagni che ha abbandonato il letto per mettere a soqquadro la camera dell’amico, trovare il suo NIE, fotografarlo e inviarlo via mail alla gentile segretaria dell’agenzia sono valse la levataccia e già di per sé tutta la giornata. Alla fine siamo partiti intorno alle 10 e la meta era Cadiz, poi ci siamo persi e siamo arrivati a Tarifa e alla sua splendida Playa de Bolonia.

Qui poco sotto le rovine di un’antica città romana che ti fa pensare sin da subito a quanto fossero bravi questi romani ad accaparrarsi i posti più belli della terra si estendono 4 chilometri di spiaggia con una sabbia bianca e fine che si perde nel blu dell’oceano, la circondano dune e una meravigliosa vegetazione di pini marittimi. Bolonia è famosa in tutta l’Andalusia proprio per la sua duna alta più di 30 metri e dichiarata patrimonio naturale nel 2001: arrivare in cima, sconfiggendo il vento, è un po’ come affrontare il deserto ma chi dice che la scalata vale solo per la vista dall’alto credo proprio fosse stato qui a Bolonia.

Il museo, le rovine del Baelo Claudia, e i chiringuitos che ti cucinano pesce fresco alla griglia: un incantevole dipinto, racconto perfetto di una giornata al mare nel profondo sud dell’Andalusia. E poi anche al ritorno abbiamo perso la rotta e qualcuno dall’Italia ci ha dato le indicazioni con un navigatore che navigava meglio del nostro e abbiamo corso contro il tempo per arrivare a Plaza des Armas e salire sull’ultimo autobus per Madrid, ma questa è un’altra storia…

Grazie a ValeGirotondo per la foto e per essere compagna di viaggio divertente e instancabile.

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Un nascondiglio alla Cartuja

Ogni città ha i suoi rifugi. Luoghi messi lì ad arte, mete di pellegrinaggi con il cuore punto dalla nostalgia, tane segrete dove ritrovare un dolce equilibrio. Io nel mio esilio volontario lontano da casa ho collezionato una miriade di rifugi che cambio a seconda del tempo, delle mode e della stagione.

Ora ho scoperto che dall’altro lato del Rio, proprio sull’Isla de la Cartuja tra i padiglioni addormentati dell’Expo del ’92 c’è un ex monastero certosino del 1300, e se vi dico che è stupendo dovete credermi. In un silenzio quasi surreale, in un luogo che sembra dimenticato persino da Dio, tra vasche dalle acqua immobili e cespugli di canne, sorge un edificio dalla storia singolare. Da monastero a quartier generale  durante l’occupazione napoleonica, fino a fabbrica di ceramica con alte fornaci di mattoni; fu l’Expo a ridargli la vita con un restauro costosissimo.

E se la chiesa del monastero era diventata il laboratorio della fabbrica di ceramica, è tutt’ora possibile scorgere la bellezza degli ori barocchi, delle ceramiche di Triana, del chiostro in stile mudéjar fino a trovare la pace nell’antico orto del monastero.

Questo luogo che ospita i fantasmi del passato e le speranze di un benessere che si è tramutato in polemiche e scandali con la chiusura dell’Expo è uno dei miei preferiti, uno dei miei tanti rifugi dove scappare e innamorarsi nuovamente della mia Siviglia.

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La Pasqua a Siviglia

E’ uno spettacolo a cui occhi mortali a stento crederanno. La Semana Santa a Siviglia è una festa religiosa, ma pur sempre una grande e unica festa che si svolge per le strade della città. L’odore dell’incenso si mescola al sapore della birra venduta dagli ambulanti, i canti religiosi lasciano il posto a musiche trionfali suonate dalla banda e le immaginette sacre diventano l’involucro di dolci caramelle.

Non c’è nulla di dissacrante, tutt’altro non ho mai visto e respirato una religiosità più vera e autentica che a Siviglia durante la Semana Santa. Capita di vedere gli occhi bagnati dalle lacrime, capita di udire urla di gioia al passaggio della Virgen e un silenzio surreale quando a sfilare è il paso della Passione di Cristo.

I nazarenos con i loro cappucci colorati poi rappresentano quanto di più lontano esista per noi, se intravediamo pure i piedi nudi, un brivido ci percorrere la schiena. Una tradizione spirituale che affonda le radici nella notte dei tempi ma ancora viva e sentita da tutti i sivigliani.

E io che all’inizio mi meravigliavo del fatto che il giovedì santo ci fossero i supermercati chiusi, ora inizio a capire il grande lavoro e l’impegno che ogni persona mette per la realizzazione di questa festa. La consiglio; consiglio a chiunque di prendere e partire per Siviglia questa Pasqua 2013 e vedere con i propri occhi quell’immenso tappeto fiorito su cui si erge la statua della Virgen o un nazareno che da solo si dirige verso la sua chiesa e chissà che anche voi non riusciate ad emozionarvi…

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Siviglia, il ritorno

E’ incredibile come tornare là dove hai lasciato un pezzettino di cuore possa provocare un tale mal di pancia. Siviglia mi ha accolta il 6 di gennaio scorso, con un’enorme valigia da emigrante.

Mi ha accolta con il sole, le palme e gli alberi ricchi di arance. Mi ha dato una casa vicino alla storica fabbrica della birra più famosa dell’Andalusia, mi ha dato un lavoro in una ridente scuola di provincia, e mi ha regalato amici dal cuore d’oro. Mi ha insegnato a ballare e a santificare ogni giorno di festa. Mi ha fatto sentire importante, mi ha viziata e coccolata dal primo momento, lasciando dentro di me parte di questa incredibile città.

Ora torno, e sto vivendo queste ore che mi separano in uno stato di agitazione, che succederà? Cosa riserverà ancora una volta questa magica città per stupirmi? Ma soprattutto, tornerò?

A bailar sevillana: Feria de Abril

Il suono dei bracciali che tintinnano in autobus, una miriade di fiori colorati, negozi e bar deserti… Così inizia la Feria de Abril, puntuale come ogni anno, due settimane dopo la Semana Santa e Sevilla tra una jarra de rebujito e una tapita de jamón è pronta a dare il via a una settimana di festeggiamenti.

Non avevo idea di cosa fosse, ma mi è bastato un solo minuto per rimanere letteralmente senza parole. L’intera città si trasferisce all’interno del recinto feriale, con tanto di entrata trionfale, lucine e strade di albero (una particolare terra rossa in grado di macchiare qualsiasi cosa) per passare una settimana all’insegna dell’allegria.

E in un turbinio di danze eleganti e sensuali, tra gli innumerevoli colori di balze e frappe delle gitane, l’odore forte dei cavalli sembra quasi di essere trasportati in un tempo antico e lontano. In una terra dove non esistono telefono e automobili, dove le donne tengono da parte abiti eleganti per il dì di festa e dove ancora, per fortuna, esistono cavalieri che ti invitano a ballare…

Uno stupore continuo

Vivo qua da più di due mesi e continuo a rimanere stupita. Ogni angolo della città mi lascia senza fiato. Mi sono avventurata nel Parque de Maria Luisa e ho scoperto un universo naturale… Pappagalli, specchi d’acqua, e fantastiche panchine dipinte e colorate dove riposare all’ombra. E come per magia si apre una piazza, si intravede un padiglione dallo stile coloniale, e l’occhio si perde tra fontane e palme.

Un rebus con Sevilla nel cuore

Flamenco, azulejos e corrida: questi i simboli di Siviglia nel mondo.
Ma ce n’è uno dotto e di classe che sottile e di soppiatto si infila ovunque. Un rebus delicato che si porta stretto la sua Siviglia.

E’ una storia antica che si perde nella notte dei tempi, e parla di re, principi ereditari e lotte dinastiche. Era il 1282 quando Alfonso X, per sfuggire ad una terribile guerra che avrebbe sancito il diritto alla corona per il figlio Sancho IV, trova rifugio nella bella e calda  città andalusa che per sempre gli resterà fedele. E così Siviglia e la sua bandiera dall’anno successivo saranno ricoperti dal NO8DO.

L’otto tra le due sillabe non è altro che un rocchetto di filo, in castigliano madeja, e la figura si legge: “no-madeja-do”, rappresentando così la tipica espressione sivigliana No me ha dejado, non mi ha abbandonato…

La magia dell’Alcázar

Confesso che non lo sapevo. Non sapevo di aver un luogo magico così vicino a casa. Chiunque è pronto a spendere parole sull’Alhambra di Granada e la mia guida, fedele compagna, questa volta non mi ha aiutato.

Posso dire con certezza che non ho mai visto una tale meraviglia come l’Alcázar di Siviglia. Un intrico di stanze, giardini colorati, mosaici e fontanelle: uno spettacolo per gli occhi e per l’anima.

Come non perdere l’orientamento alzando gli occhi verso l’enorme cupola dorata del Salon de Embajadores, come non rimanere incantati dagli arabeschi e dai disegni del Patio de la Muñeca, quasi dei pizzi e dei merletti, come non sentirsi abbagliati dai colori vivi e accesi degli azulejos…

Un luogo che racconta la storia di re e regine, di naviganti e poeti, nella incantevole cornice di Sevilla.