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Ritorno a Parigi: una vita un po’ bobo sulle sponde del Canal St. Martin

Sono tornata a Parigi, l’ho fatto dopo quasi tre anni da quei meravigliosi mesi trascorsi con ingenuità nella capitale francese. Era il 2009, ero iscritta alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna e avevo deciso di partire per seguire una cara amica. Parigi valeva tanto quanto Varsavia, non mi importava nulla del francese ed ero totalmente ignara che di lì a un anno l’università mi avrebbe scaricata con violenza in mezzo a una strada con in mano una pergamena, un girasole appassito e un vestito elegante. Non lo sapevo e sono partita a cuor leggero. Parigi mi ha salvata regalandomi una valigia nuova e gliene sarò sempre grata. Per questo ogni tanto ritorno, quasi ad occhi chiusi: ho amici, affetti e un pezzetto di cuore lasciato là.

In un monolocale a lato della Gare de l’Est a pochi passi dal Canal St Martin ho ritrovato la bellezza parigina e il sorriso di un’amica che mi ha accolta, stanca e dolorante, a suon di baguette e éclair au chocolat. Parigi dal canto suo ci ha donato uno splendido sole e un cielo azzurro, il tempo dei parchi, dei laghetti e dei caffè presi all’aria aperta.

E così finimmo per esplorare l’undicesimo arrondissement tra artisti di strada e sportivi, tra musicisti e locali retrò: le lunghe passeggiate che dal Parc des Buttes-Chaumont finivano al Bassin de la Villette furono rigeneranti, gli aperitivi a La Marine e la musica al Comptoir Général divennero appuntamenti fissi.

Parigi è un po’ come quelle bolle con la neve, un microcosmo che basta a se stesso, uno spazio atemporale dove ad ognuno è lasciata libertà di interpretazione. In quei giorni ho visto una strana bellezza, nascosta sotto le crepe dei muri, poi sono dovuta ripartire. Ma tornerò presto, promesso.

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Foto di viaggi: #facendofintadiesserelì

Ho imparato a mie spese che il cuore non può vivere in eterno dentro una valigia. Ogni tanto bisogna chiudere nel cassetto l’anima nomade e quel desiderio di voler un po’ vivere ovunque e tornare a casa senza mai darsi per vinti.

E così nasce l’idea di divertirsi spulciando le foto di viaggi degli anni passati, tornando indietro al tempo in cui si volò fino a Seattle o quando ci si rifugiò stanchi a Parigi. Un racconto a ritroso che ha l’intento di creare un dipinto dai colori un po’ sbiaditi. Le foto diventano così piccole tessere di un mosaico di emozioni, oasi di amenità in grado di far volare lontano la fantasia facendoci tornare un po’ bambini, quando ci piaceva giocare a far finta che.

Instagram aiuta noi anime nomadi in quelle pause in cui togliamo il nostro cuore dalla valigia e giochiamo a #facendofintadiesserelì trovando sollievo e ristoro nei nostri ricordi e sperando di donare una favola, un sogno di viaggio o semplicemente di strappare un sorriso a chi attracca al nostro porto. E proprio qui, a lato della nostra barca con i bauli carichi di ricordi, attendiamo che salga il vento favorevole per salpare verso nuove avventure. 

Los Angeles: un salto al Getty Museum

Oggi ho aperto il mio quaderno di viaggio che conservo da tempo immemorabile, in un angolo di una pagina avevo annotato Getty Museum, Los Angeles, farci assolutamente un salto”. Ricordo quella scritta, era una pausa-studio durante la preparazione del peggior esame di tutti i tempi: storia dell’arte.

L’idea mi era nata dalle parole della stessa professoressa, ripeteva sempre con leggerezza: ”Se passate da Los Angeles, fate un salto al Getty Museum”. Ricordo i sorrisi maliziosi, come se Los Angeles fosse dietro l’angolo… Era il 2008 e io avevo appena pianificato, con un netto anticipo di 6 mesi, il mio viaggio a Seattle e allora mi faceva sorridere il solo pensiero che si potesse organizzare una visita di “passaggio” nella Città degli Angeli. Ma erano, ahimè, altri tempi.

Oggi forse le parole della professoressa non mi suonerebbero più così strane: i voli verso gli USA si sono intensificati, e può capitare facilmente di trovare offerte last minute Milano Los Angeles. E allora il sogno di passare dal Getty Museum può diventare realtà…

Ho da sempre fantasticato su questo posto lontano, sui suoi dipinti e sulle opere, e ancora oggi dopo aver visto meraviglie come la Galleria Borghese, i Musei Vaticani, Palazzo Pitti, la Scuola Grande di San Rocco, e ancora la National Gallery, il Louvre e il Prado, il museo californiano è rimasto un po’ una spina nel fianco. L’idea di poter vedere il Velo della Veronica del Correggio, di cui tanto ho sentito parlare, mi inebria di gioia.

E forse qua gli appassionati di arte avrebbero un bel po’ da ridere, citando capolavori del Bel Paese e la nota querelle con l’Italia conclusa con la cessione di un buon numero di opere al nostro paese, ma poco importa. Una struttura all’avanguardia, un centro culturale di tutto rispetto che organizza mostre e rassegne di arte, e le recensioni entusiastiche che parlano di una splendida vista dalla collina del Getty Center, sono quanto basta per farmi inserire il museo tra le tappe della mia futura visita alla città.

Ed è proprio questo il momento migliore di un viaggio: quando seduta davanti al computer, guida e cartina alla mano traccio l’itinerario per la mia nuova avventura. E’ allora che carichi di emozione e di aspettative si cercano mete nascoste, luoghi segreti dove scoprire e fondersi con una cultura differente.

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