"Faccio cose, vedo gente, mi muovo... Conosco". Mindy: diario di una piccola viaggiatrice a spasso per il mondo

Ritorno a Parigi: una vita un po’ bobo sulle sponde del Canal St. Martin

Sono tornata a Parigi, l’ho fatto dopo quasi tre anni da quei meravigliosi mesi trascorsi con ingenuità nella capitale francese. Era il 2009, ero iscritta alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna e avevo deciso di partire per seguire una cara amica. Parigi valeva tanto quanto Varsavia, non mi importava nulla del francese ed ero totalmente ignara che di lì a un anno l’università mi avrebbe scaricata con violenza in mezzo a una strada con in mano una pergamena, un girasole appassito e un vestito elegante. Non lo sapevo e sono partita a cuor leggero. Parigi mi ha salvata regalandomi una valigia nuova e gliene sarò sempre grata. Per questo ogni tanto ritorno, quasi ad occhi chiusi: ho amici, affetti e un pezzetto di cuore lasciato là.

In un monolocale a lato della Gare de l’Est a pochi passi dal Canal St Martin ho ritrovato la bellezza parigina e il sorriso di un’amica che mi ha accolta, stanca e dolorante, a suon di baguette e éclair au chocolat. Parigi dal canto suo ci ha donato uno splendido sole e un cielo azzurro, il tempo dei parchi, dei laghetti e dei caffè presi all’aria aperta.

E così finimmo per esplorare l’undicesimo arrondissement tra artisti di strada e sportivi, tra musicisti e locali retrò: le lunghe passeggiate che dal Parc des Buttes-Chaumont finivano al Bassin de la Villette furono rigeneranti, gli aperitivi a La Marine e la musica al Comptoir Général divennero appuntamenti fissi.

Parigi è un po’ come quelle bolle con la neve, un microcosmo che basta a se stesso, uno spazio atemporale dove ad ognuno è lasciata libertà di interpretazione. In quei giorni ho visto una strana bellezza, nascosta sotto le crepe dei muri, poi sono dovuta ripartire. Ma tornerò presto, promesso.

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Viaggio a tappe in Andalusia: la playa de Cadiz

A circa un’oretta di treno da Siviglia, Cadiz è una perla bianca a picco sull’oceano. Le sue spiagge sono le più famose dell’Andalusia: bianche, enormi e selvagge con onde alte e spumose, meta privilegiata degli amanti del vento e del mare.

La città è meravigliosa e riserva sorprese inaspettate: caldi vicoletti in salita, frenetiche strade brulicanti di turisti, assolate piazze dove si cerca ristoro sotto l’ombra di una cruzcampo, un duomo imponente con alte scalinate e poi quella terrazza incredibile che si affaccia su un golfo blu e turchese.

Ma il cuore mi spinge più a sud fino alla morbida distesa de El Palmar, una spiaggia bianca e assolata a Vejer de la Frontera in provincia di Cadiz. Un luogo di confine, da una parte la movida e la fiesta dei chiringuitos e dall’altra l’immensa tranquillità di una duna selvaggia, quasi abbandonata, dove l’acqua è gelida e cristallina. E’ qui che tra un tramonto rosso fuoco e un risveglio lento e nebbioso mi sono innamorata dell’Andalusia.

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Leggende sivigliane: conta le mani e trova l’amore

Un canto triste risuona per le strette stradine del centro storico: racconta un amore lontano vissuto all’ombra della luna sulle sponde di un fiume specchio di una città addormentata. Siviglia dà il benvenuto ai suoi visitatori con un lungo canto che parla di un amore perso per sempre, di uno sguardo languido, di una rosa tra i capelli e di un forte profumo di fiori d’arancio.

Romantica e speciale Siviglia nasconde nel suo florido seno leggende e miti che raccontano un passato di eroi, dame e splendide principesse rapite, favole antiche che solo i puri di cuore potranno scorgere aggirandosi curiosi tra le strade della città.

C’è una statua in alto sul lato destro della porta di ingresso al patio della Cattedrale, è lì che vi aspetta. Fermatevi, contate le sue mani e trovate la terza. Ed è così che Siviglia vi dirà se troverete l’amore vero…

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Tre giorni a Siviglia

Tempo fa un caro amico mi chiese consigli per un viaggio a Siviglia. Quando mi succede mi si illuminano sempre gli occhi, trovo che non ci sia nulla di più bello che svelare segreti nascosti di una città ormai tua. Mi ero già lanciata in mille discorsi citando al minuto 70 posti catalogati come “assolutamente da vedere”, non avevo neanche preso fiato, quando: “Calma, France’. Stiamo solo tre giorni…” Come concentrare i colori e la luce di Siviglia in soli tre giorni? Era una sfida, ma riuscì ad elaborare il programma perfetto.

L’amico fu felicissimo dell’itinerario e poco importa se lo seguì alla lettera. Così oggi, mentre scartabellavo tra quaderni vecchi e agende nuove ho ritrovato gli appunti per Tre Giorni a Siviglia e riveduti e corretti ho deciso di regalarli. Caso mai qualcuno abbia bisogno di un piccolo sogno andaluso.

Tre giorni a Siviglia: te vas a caer enamorado de Sevilla!

Sevilla es una maravilla e lo capirai bene entrando all’Alcázar: qui tra azulejos colorati, decorazioni arabe che sembrano avere la leggerezza dei merletti, giochi d’acqua e fontane nascoste sembra di essere i protagonisti di una delle favole le Mille e una Notte. Proprio di fronte alla meraviglia araba dall’altro lato della plaza del Triunfo si trova la più grande cattedrale gotica al mondo con il suo campanile simbolo di un’antica dominazione mudéjar. La Cattedrale di Siviglia è il simbolo della città e i tesori che nasconde al suo interno, oltre che alla splendida vista dall’alto della Giralda, valgono bene la coda all’ingresso.

Una tapa al mediodia? Uscito dalla Cattedrale dirigiti verso l’Ayuntamiento de Sevilla, attraversa la plaza San Francisco e una volta giunto sull’orlo del Salvador fermati. La plaza del Salvador sarà piena zeppa di gente che poco dopo le quattro si riunisce a bersi una birra, ma se non è un aperitivo quello che cerchi allora all’angolo sinistro della piazza, dal lato opposto della chiesa del San Salvador, un baretto bianco e azzurro saprà soddisfare amenamente le vostre richieste. Los Corales serve delle ottime tapas di carne e pesce: fantastico il calamaro con il riso, il solomillo con formaggio di capra e pancetta, le patatas bravas e le alette di pollo fritte. I prezzi sono modici e i modi dei camerieri sono squisiti.

Il pomeriggio io lo passerei scorazzando lungo il fiume dalla Torre dell’Oro fino alla Plaza de Toros, puoi affittare una bicicletta e spingerti oltre il ponte di Triana, oppure passeggiare ma goditi questo momento. Il Guadalquivir, i suoi colori, sono una delle meraviglie della città.

La prima serata sarà a Triana. Qui batte il cuore dei veri sivigliani. Inoltrati nei suoi vicoli, scopri i piccoli bar dove servono cruzcampo e tapas divine. Io qui ho conosciuto i calamari alla plancha de Las Golondrinas, ed è stato subito amore. La notte a Siviglia è giovane e prima dell’una nessuno esce. Un posto carino dove trovare locali, ascoltare musica e perché no gustarsi spettacoli di flamenco e sevillana improvvisati (qui tutti sanno ballare) è calle Betis, sul lungo fiume di Triana.

Il secondo giorno parti con estrema calma, quando il sole è già alto nel cielo smaltato e rifugiati tra i colori di Plaza de España. Non ci sono parole per descriverla. Devi assolutamente vederla in silenzio su e giù per i suoi ponti. Il Parque de Maria Luisa si estende ai suoi piedi e una bella passeggiata fino a plaza des Americas è d’obbligo. E’ un giardino segreto: tra le sue fronde si celano piccoli pappagallini colorati, pavoni, specchi d’acqua e grotte nascoste.

Non ti dimenticare l’altro simbolo di Siviglia, la Real Fábrica de Tabacos, sì proprio quella dove lavorò Carmen. Ora è la sede principale dell’università.

Per una tapa qui non hai che da chiedere, sono tante le botteghine che offrono montaditos caldi e piatti del giorno. Io ti consiglio di avventurarti nell’antico barrio di Santa Cruz proprio dietro la Alcázar e cercare quella che più ti piace, oppure nella parallela all’Avenida de la Costitución, calle Fernández y González trovi la Taberna Coloniales.

Un pomeriggio di shopping tra i negozi di calle Sierpes fino alla Campana e perché no la salita al Mirador de Las Setas per un caffè e un’ottima vista sui tetti di Siviglia.

La sera, soprattutto se è sabato, la devi passare alla Alameda de Hércules dove c’è il migliore dei ristorantini da tapas: Al Aljibe. Nella sua terrazza potrai scegliere tra tante tapas abbondanti e dell’ottimo vino andaluso. Quando sento la nostalgia del risotto corro qui e lo ordino, è delizioso. Altro piatto che non deve mancare è il bacalà in tempura.

Se la mattina dopo hai tempo prima di correre all’aeroporto potresti pensare di fare un giro fino alla chiesa della Macarena, oppure dedicarti alla splendida arte di Murillo nel museo delle Belle Arti, oppure avventurarti per il barrio di Santa Cruz alla ricerca della Casa di Pilato, oppure potrai spingerti là dove osano pochi turisti e esplorare il Centro de Arte Andalusa Contemporanea alla Cartuja, oppure… oppure…

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Mezz’etto di “lattima”, grazie!

Ovvero come imparare l’andaluso sorridendo

Non è difficile imparare lo spagnolo, ma è praticamente impossibile imparare l’andaluso soprattutto per chi, come me, confida nei testi di grammatica. Basta mezza giornata per capire che quello spagnolo parlato al corso poco serve nelle vita reale sivigliana. Il primo segnale l’ho avuto quando tutta allegra e sicura di me mi sono presentata a una classe di pulci di poco più che sei anni e dopo un quasi monologo di 10 minuti in spagnolo un bambinetto alza la mano e mi dice: Signorina, ma lei è del nord?. Del nord? Del nord de che? Il secondo segnale è arrivato durante una lezione di musica quando una bimba angelica mi ha detto: Signorina, ma l’italiano è uguale allo spagnolo! Sforzi vani e inutili dato che non avevo detto una sola parola in italiano.

La difficoltà più grande però non è farmi capire ma capire quello che il mondo mi sta dicendo. Nessuno mi aveva detto di questa tendenza totalmente andalusa di mangiare le esse, le d intervocaliche in ultima sillaba e di creare crasi fantastiche tra due parole distinte che fanno un baffo ai migliori poeti della tradizione. E così mi sono trovata a fantasticare sulla parola “lattima”. Ma che sarà poi questa “lattima” che tutti invocano? Un luogo? Una divinità? Una marca di jamón? El jamón de Lattima, el mejor de toda Andalucia!

Fu Google a darmi un aiuto, come sempre: Non starai mica cercando lastima?? Eh già, la esse mangiata! E così imparai la traduzione perfetta al mio stato d’animo quando il bambinetto di turno alza la mano per dirmi: Signorina, non si è capito proprio niente! Uff, povera me!!! 

Viaggio a tappe in Andalusia: il Puente Romano di Córdoba

E’ l’istinto di sopravvivenza che mi guida sempre verso l’acqua. Sin da piccola sono cresciuta tra le stradine salate del porto: vedevo partire i pescherecci, avevo un amico immaginario che di notte diventava un gabbiano e mangiavo poco e solo ed esclusivamente a sedere sul moletto del porto dietro al ristorante di famiglia. Dunque credo sia tutto normale: l’acqua, i fiumi e i mari mi riportano a casa.

Così uscita dalla Mezquita, lo vedo subito da lontano: il Puente Romano di Córdoba è lì, forte e robusto con le sue arcate antiche rimaneggiate da una mano un po’ troppo moderna. E così la giornata si conclude con la vista del Guadalquivir, un sospiro di sollievo e una passeggiata sul ponte, quasi un rito che mi obbliga ad ammirare la Mezquita da lontano.

Da qui, immobile, osservo Córdoba all’imbrunire quando si alza una brezza benevola e la città lentamente saluta la calura e scende nelle botteghe in piazza, dischiude i suoi giardini incantati e addobba i suoi balconi con profumati origami.

Un crucero al Parque

Continua lo scontro con la lingua spagnola che sempre più spesso mi colpisce e affonda. Oramai però una certa qual spavalderia mi contraddistingue a tal punto da farmi rispondere al telefono di casa CruzCampo.

Lascio perdere il “pronto?” tipicamente italiano e mi affido a un più professionale “digame?” o “sìì??”. Bene, l’altro pomeriggio ero sola in casa erano appena le sei, mi ero alzata dai 10 minuti canonici di siesta e mi ero messa a scribacchiare al computer la mia lezione di domani quando… suona il telefono! Sicura e con passo spedito rispondo:

”Digame?”. Era la madre della mia coinquilina C., e dopo essermi identificata e averla salutata le dico che C. non c’era, era uscita con i suoi colleghi per fare il crucero.

La sento un po’ sorpresa, ma mi risponde comunque allegra: ”Oh che bello, un crucero? Ma dove?”

Io continuo: “Ma al Parque de Maria Luisa, dove va sempre con i suoi colleghi! E’ uscita poco fa, credo torni per cena.”

Lei: ” Un crucero al parque? Davvero? Ma sul fiume??”

Io: “Ma no non credo, credo sia al parco su una panchina. E’ uscita con la cesta con la lana e con tutto il necessario.” Ok, la signora madre di C. a questo punto ha chiaro un solo concetto: sta parlando con una matta, ma non me lo fa notare mi saluta e riattacca.

Tranquilla torno al mio computer e all’improvviso un flash: ho detto alla madre di C. che sua figlia è andata a fare una crociera al parco su una panchina con un cestino pieno di aghi e lana. Per la cronaca volevo dire punto e croce.

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Viaggio a tappe in Andalusia: la Mezquita di Córdoba

Se penso alla prima volta che sono stata qui mi viene da sorridere. Era fine gennaio 2012, un giovedì mattina in cui non avevo scuola, e faceva stranamente freddo. Indossavo una giacchetta leggera color cipria e ricordo che a metà giornata dovetti fare una tappa obbligata in un bar per un café con leche riscaldante. E’ stato il giorno in assoluto più freddo in Andalusia, facevano 10 gradi e nessuno era preparato.

Oggi invece fa un caldo pazzesco, nonostante siano quasi le 6 di sera, e la tappa al bar la si fa solo per rinfrescarsi con una birra ghiacciata nell’unico cono d’ombra possibile. Sto aspettando la mia guida, la mia coinquilina e amica sevillana originaria di Córdoba, C. che oggi mi insegnerà misteri e segreti della meravigliosa Mezquita di Córdoba, che lei stessa con gli occhi brillanti ama definire preciosa.

All’ingresso ci accoglie un forte odore di fiori d’arancio e lo zampillare di fontane e di rivoletti d’acqua: siamo nell’antico patio della moschea dove si era soliti fare le abluzioni, divenuto poi ingresso della Cattedrale cristiana. Una volta dentro vi assicuro che rimarrete senza fiato, storditi e totalmente incapaci di spiegare dove siate finiti, e non importa se anche fosse la seconda o la quarta volte che varcate quella soglia. Una selva di colonne, una foresta di pilastri e il rosso del mattone che si alterna alla pietra bianca fanno pensare di trovarsi dentro un’antica moschea, ma il coro rinascimentale posto impropriamente al centro ci ricorda che ora siamo nella Cattedrale della Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Córdoba.

Se pure Carlo V pare che a lavori ultimati disse al Capitolo Avete costruito qualcosa che voi o altri avreste potuto costruire ovunque, ma avete distrutto qualcosa di unico al mondo, a noi non resta che ricercare quelle antiche tracce arabe, quello stile mudejar che vive in squisiti mosaici dai colori dell’oro e del rosso ruggine che adornano il mihrab della Moschea. E quello di Córdoba è di una bellezza straordinaria.

Quando terminiamo la visita all’interno, C. mi conduce lungo le mura esterne ad ammirare le iscrizioni che risalgono al tempo del califfato. Le più belle sono le mura occidentali lungo calle Torrijos, qui si trova la porta più antica della moschea, Puerta de San Esteban, che l’iscrizione sovrastante fa risalire all’855, ma sarà la Puerta de San Miguel a vincere il titolo di luogo più antico dell’edificio risalendo a quella Cattedrale visigota dedicata a San Vincete che l’emiro Ab dar-Rahman I fece demolire per dare vita a una delle meraviglie di arte islamica in Andalusia.

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Viaggio a tappe in Andalusia: i fiori di Cordoba

Da quando vivo qua ho fissa in testa un’immagine: un tavolino all’ombra di una tenda rossa e bianca, due cruzcampo e una valigia a lato. E così oggi inauguro una nuova rubrica che porterà il viaggiatore in giro per l’Andalusia, in un viaggio a tappe che ripercorre feste, tradizioni e usi di una terra magica dove batte sempre il sole.

Accantonati i volantes della Feria de Abril, abbiamo giusto il tempo di lavare il nostro traje da flamenca e correre pa’ Cordoba. La cittadina andalusa a circa un’oretta di macchina dalla vicina Siviglia e a soli 40 minuti di treno nasconde un maggio ricco di sorprese. Un mese intero di festeggiamenti come solo in Andalusia sanno fare. Dalla festa de Las Cruces alla festa de Los Patios in fiore fino alla Feria l’ultimo weekend di maggio che con la sua entrata monumentale chiude ufficialmente i festeggiamenti del Mayo Cordobés.

E mescolando il sacro con il profano, adornando le croci di fiori e allestendo una lunga barra dove gustarsi una fresca birra tra una sevillana e una rumbita, troverete quella giusta atmosfera di festa andalusa dove ogni occasione è buona per battere le mani ed innamorarsi.

Dal canto suo Cordoba, perla dell’Andalusia, saprà accogliervi dispiegando le sue migliori portate: la Mezquita con i suoi rossi e bianchi che ricordano un antico passato arabo, il ponte romano che corre sul Guadalquivir e quei deliziosi vicoletti bianchi dai balconi trapuntati di fiori che nascondono i segreti dell’antica Juderia. Per chi non ha ancora gli occhi stanchi consiglio la visita alla Alcázar dei Re Cristiani e il Palazzo di Viana con i suoi 12 patios ricchi di fiori e giochi d’acqua.

E stanchi, dopo una giornata di cammino per la città, ci ritroveremo in uno dei tanti bar della Plaza de la Corredera, con la nostra cervecita e la nostra valigia pronti per una nuova tappa di questo viaggio per l’Andalusia…

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Un viaggio a Tarifa: la playa de Bolonia

Ho costanti déjà-vu. Un profumo, un colore, un raggio di sole mi trasportano indietro nel tempo, in luoghi lontani: come tanti biglietti aerei gratuiti. E così mentre sono in fila in macchina ad una rotonda, mentre aspetto paziente alla cassa del supermercato, mentre l’impiegato delle poste mi mette davanti uno scatafascio di pratiche da firmare per inviare un pacchetto grande un’unghia, la mia mente viaggia sempre lontano. C’è chi dice che ho perennemente la testa fra le nuvole e purtroppo ha ragione. Dimentico cose, date importanti, sovrappongo appuntamenti e ho la casa invasa da post-it che mi rimandano ad altri post-it sbiaditi e dagli angoli ricurvi. Sono una smemorata, ma giuro non ho mai perso un treno, un aereo e non ho mai sbagliato le coincidenze di autobus e metropolitane: ho la testa fra le nuvole che sa fare un’unica cosa, viaggiare.

Così questa mattina mentre mettevo in moto la macchina lasciando cadere a terra l’iphone tra le maledizioni comuni a tutti, mi sono ricordata di quella volta quando esasperata dal caldo torrido del maggio sivigliano ho convinto due girandoloni a prendere a noleggio un’auto e a scappare in spiaggia.

La mattinata era iniziata alle 7- vi giuro che per strada alle 7 di domenica mattina non incontrerete nessuno se non i festaioli della notte prima- e subito ci siamo brutalmente scontrati con la burocrazia spagnola. Perché eravamo italiani, ma pagavamo con una carta di credito spagnola. Le acrobazie e la bontà del coinquilino madrileño di uno dei due miei compagni che ha abbandonato il letto per mettere a soqquadro la camera dell’amico, trovare il suo NIE, fotografarlo e inviarlo via mail alla gentile segretaria dell’agenzia sono valse la levataccia e già di per sé tutta la giornata. Alla fine siamo partiti intorno alle 10 e la meta era Cadiz, poi ci siamo persi e siamo arrivati a Tarifa e alla sua splendida Playa de Bolonia.

Qui poco sotto le rovine di un’antica città romana che ti fa pensare sin da subito a quanto fossero bravi questi romani ad accaparrarsi i posti più belli della terra si estendono 4 chilometri di spiaggia con una sabbia bianca e fine che si perde nel blu dell’oceano, la circondano dune e una meravigliosa vegetazione di pini marittimi. Bolonia è famosa in tutta l’Andalusia proprio per la sua duna alta più di 30 metri e dichiarata patrimonio naturale nel 2001: arrivare in cima, sconfiggendo il vento, è un po’ come affrontare il deserto ma chi dice che la scalata vale solo per la vista dall’alto credo proprio fosse stato qui a Bolonia.

Il museo, le rovine del Baelo Claudia, e i chiringuitos che ti cucinano pesce fresco alla griglia: un incantevole dipinto, racconto perfetto di una giornata al mare nel profondo sud dell’Andalusia. E poi anche al ritorno abbiamo perso la rotta e qualcuno dall’Italia ci ha dato le indicazioni con un navigatore che navigava meglio del nostro e abbiamo corso contro il tempo per arrivare a Plaza des Armas e salire sull’ultimo autobus per Madrid, ma questa è un’altra storia…

Grazie a ValeGirotondo per la foto e per essere compagna di viaggio divertente e instancabile.

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