"Faccio cose, vedo gente, mi muovo... Conosco". Mindy: diario di una piccola viaggiatrice a spasso per il mondo

Una birra a Praga

Non ne uscirete vivi e per gli astemi c’è poco da fare: Praga è la città della birra dove un boccale costa molto meno che una bottiglietta d’acqua minerale. E allora non ci resta che arrenderci alle tante birrerie che incontrerete sul vostro cammino e che propongono birra artigianale, chiara scura o ambrata, prodotta da birrifici poco fuori la città.

Io di solito vado a naso, mi lascio guidare dal mio istinto scegliendo luoghi e posti che più mi piacciono, ma questa volta ho deciso di lasciare la parola a chi ne sa più di me. Così mi sono lasciata guidare da Neil Wilson e Mark Baker e dai loro preziosi consigli raccolti da Lonely Planet.

Due perfetti ciceroni che mi hanno portato in uno dei birrifici più deliziosi della città, piccolo e accogliente dove tra due enormi e scintillanti tini in rame si serve due varietà di birra San Norberto, di produzione propria. E così dentro l’antico e magico Monastero di Strahov potrete gustare una birra scura, tmavý, densa e schiumosa e una ambrata, polotmavý, delicata e gustosa.

E tra un boccale di birra e un croccante pretzel passerete un delizioso pomeriggio praghese.

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Praga: una passeggiata sul Ponte di Carlo

Più che una viaggiatrice sono un’anima in pena. Ora sono a Praga sul Ponte di Carlo (Karlův Most) e mi godo il panorama sul fiume e la bellezza di quel castello che dall’alto domina la città. Io adoro sopra ogni cosa l’acqua e trovo che sia proprio un fiume, un lago, il mare a conferire incanto e meraviglia a ogni luogo sulla terra. E tutte le volte che mi sposto, tutte le volte che cambio compulsivamente la mia città cerco disperatamente l’acqua e tutte le volte puntualmente me ne innamoro.

E così è stato per Praga e per la Moldava. Così è stato per il suo ponte, per la sua piazza con l’antico orologio, così è stato per il castello che racconta leggende segrete. Mi sono innamorata di questi luoghi e della loro storia, mi sono innamorata del mistero che avvolge la città e dei numerosi morti che la resero libera e bella. Praga è meravigliosa in primavera, e meravigliosi e gentili sono i suoi abitanti talmente indaffarati a farti sentire a casa che va a finire che non partirai più.

Lasciando a casa la mappa e seguendo solo il tuo naso incontrerai scorci incantati, dove il gotico si mescola all’art nouveau con un’armonia tale da fare invidia alle migliori capitali europee. Una passeggiata di qualche giorno ti porterà a visitare il centro storico, la Praga antica e ti fermerai con il naso all’insù in mezzo a una folla di turisti pronti a vedere sfilare i dodici apostoli sulla cima dell’orologio. Visiterai il castello, la Cattedrale di San Vito, e ti soffermerai su quella finestra da cui si dice ebbe inizio nel 1618 la Guerra dei Trent’anni, e ti lascerai cullare dalla Moldava ammirando i riflessi degli eleganti palazzi e del tetto d’oro della Grand Opera di Praga.

E per chi avesse un poco più di tempo da dedicare all’esplorazione della capitale europea, la mia anima vagabonda consiglia un giro al Veltrzní Palác, il museo di arte moderna e contemporanea realizzato nel 1928 per ospitare fiere commerciali ora sede di opere di Rodin, Gaugin, Van Gogh, Klimt, Schiele e Picasso.

E io ora sono qua innamorata e felice, pianificando la prossima avventura.

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La Feria de Abril di Siviglia

Quando questa mattina ho appuntato una grande rosa fucsia sul bavero della giacca prima di andare al lavoro, ho sentito il cuore sobbalzare per la gioia. Eh sì perché ieri sera con il Lunes del Alumbrao è iniziata ufficialmente la Feria de Sevilla e la meravigliosa portada che racconta i fasti di uno dei più bei luoghi di Siviglia, Plaza de España, ha finalmente preso vita. Uno spettacolo incredibile: le luci del recinto ferial si sono accese in un turbinio di danze che aprono i festeggiamenti di una delle più grandi feste di tutta Spagna. E così da questo pomeriggio chiunque voglia fare spesa o compere o semplicemente fermarsi a riposare in un bar, troverà non poche difficoltà e si sentirà rispondere alle 3 del pomeriggio: ”Signorina, ordini subito da mangiare perché poi la cucina chiude.” “Chiude?? Ma sono le 3 appena…” “Eh sa, c’è la Feria…”

Smessi i panni da lavoro e indossato il vestito della festa, i sivigliani si ritirano nella loro caseta con amici e parenti e tra un bicchiere di rebujito (vino frizzante mescolato a gazzosa) e una tapa de jamón si tira fino al mattino ballando sevillanas. Un luogo antico dove il passato incontra il presente in un vortice di danze dal ritmo veloce e dove bei cavalieri con un clavel all’occhiello ti inviteranno a ballare.

E anche per i più timidi non esistono scuse, qui si balla e come dice Valentina, mia compagna di avventure sivigliane, nella sua Guida di sopravvivenza alla Feria de Abril non importa saper ballare, l’importante è saper guardare. Guardate negli occhi il vostro compagno di ballo, seducetelo, seguitelo e fatevi seguire in una danza che è un corteggiamento sensuale e raffinato.

Foto di Antonio del Junco dalla pagina facebook ufficiale Sevilla

Foto di viaggi: #facendofintadiesserelì

Ho imparato a mie spese che il cuore non può vivere in eterno dentro una valigia. Ogni tanto bisogna chiudere nel cassetto l’anima nomade e quel desiderio di voler un po’ vivere ovunque e tornare a casa senza mai darsi per vinti.

E così nasce l’idea di divertirsi spulciando le foto di viaggi degli anni passati, tornando indietro al tempo in cui si volò fino a Seattle o quando ci si rifugiò stanchi a Parigi. Un racconto a ritroso che ha l’intento di creare un dipinto dai colori un po’ sbiaditi. Le foto diventano così piccole tessere di un mosaico di emozioni, oasi di amenità in grado di far volare lontano la fantasia facendoci tornare un po’ bambini, quando ci piaceva giocare a far finta che.

Instagram aiuta noi anime nomadi in quelle pause in cui togliamo il nostro cuore dalla valigia e giochiamo a #facendofintadiesserelì trovando sollievo e ristoro nei nostri ricordi e sperando di donare una favola, un sogno di viaggio o semplicemente di strappare un sorriso a chi attracca al nostro porto. E proprio qui, a lato della nostra barca con i bauli carichi di ricordi, attendiamo che salga il vento favorevole per salpare verso nuove avventure. 

Un nascondiglio alla Cartuja

Ogni città ha i suoi rifugi. Luoghi messi lì ad arte, mete di pellegrinaggi con il cuore punto dalla nostalgia, tane segrete dove ritrovare un dolce equilibrio. Io nel mio esilio volontario lontano da casa ho collezionato una miriade di rifugi che cambio a seconda del tempo, delle mode e della stagione.

Ora ho scoperto che dall’altro lato del Rio, proprio sull’Isla de la Cartuja tra i padiglioni addormentati dell’Expo del ’92 c’è un ex monastero certosino del 1300, e se vi dico che è stupendo dovete credermi. In un silenzio quasi surreale, in un luogo che sembra dimenticato persino da Dio, tra vasche dalle acqua immobili e cespugli di canne, sorge un edificio dalla storia singolare. Da monastero a quartier generale  durante l’occupazione napoleonica, fino a fabbrica di ceramica con alte fornaci di mattoni; fu l’Expo a ridargli la vita con un restauro costosissimo.

E se la chiesa del monastero era diventata il laboratorio della fabbrica di ceramica, è tutt’ora possibile scorgere la bellezza degli ori barocchi, delle ceramiche di Triana, del chiostro in stile mudéjar fino a trovare la pace nell’antico orto del monastero.

Questo luogo che ospita i fantasmi del passato e le speranze di un benessere che si è tramutato in polemiche e scandali con la chiusura dell’Expo è uno dei miei preferiti, uno dei miei tanti rifugi dove scappare e innamorarsi nuovamente della mia Siviglia.

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Tracce a Granada

Quando fuori piove, io penso sempre a quelle giornate di sole cocente quando pagheresti oro per avere anche solo un bicchiere d’acqua ghiacciata. E oggi mi è tornata alla mente una favoletta graziosa di un maggio lontano e bollente quando arrancavo su per la salita che porta dritta dritta allo splendido Mirador de San Nicolás a Granada.

Erano le 11 di mattina, il sole picchiava e avevo già le spalle ustionate complice la lunga passeggiata al Sacromonte. La giornata era splendida, il cielo era celeste e lucente come composto da tanti azulejos smaltati e quella neve in cima alla Sierra sembrava quasi prenderti in giro. Faceva talmente caldo che vedere una piccola botteghina al lato sinistro della strada era quasi un miraggio. Chiedo l’acqua, la più fresca che ci sia, e l’anziano signore in andaluso stretto mi comunica che se voglio l’acqua devo prima scrivere. Scrivere? Cosa devo scrivere?

Sì, perché vede talmente tanta gente e così diversa che ha deciso che ognuno deve lasciare la sua traccia in un piccolo quadernino gonfio e sdrucito. Romantico e sognatore, il vecchietto mi dice di viaggiare lontano ogni volta che apre il suo libretto, e io con un sorriso gli dono un nuovo biglietto per la sua prossima avventura.

A Parigi

Era settembre 2009 quando feci la prima valigia con l’intento di non tornare a casa prima di tre mesi, e tutti avevano scommesso che non ce l’avrei mai fatta. Mi avevano data per spacciata ancora prima di cominciare, della serie se non vedo non credo. E forse un po’ ci credevo anche io. Ma quando con la mia valigiona rossa laccata sono scesa in piena notte davanti alla chiesa gotica di rue de Jourdain, non ho avuto più il minimo dubbio.

Parigi con il suo sole di settembre è diventata fin da subito la mia casa. E nonostante le difficoltà continue e gli scontri con una burocrazia francese che non sembrava tener conto del fatto che io fossi inspiegabilmente una straniera, ricordo ancora di quando camminavo per strada con il naso dritto, la fronte corrugata e gli occhi pensierosi per darmi un tono da parigina.

Avevo una piccola casetta di 24mq in una piccola stradina, Villa de l’Ermitage, un antico ricordo della campagna parigina, e la cosa buffa era la presenza di un comitato che tutelava le sue piante, i suoi alberi, i suoi cespugli e i suoi fiori. E alla domenica di fine settembre si riuniva in strada con torte, biscotti e vino per tutti. In realtà sembrava di essere ovunque meno che a Parigi.

Ricordo una delle prime serate. Faceva ancora caldo e il cielo era chiaro e limpido, la notte pareva non volesse arrivare. Dopo una lunga camminata nel quartiere, siamo arrivati in cima alla collina del Parc de Belleville e lassù abbiamo brindato ai futuri mesi con gli occhi già pieni di Parigi.

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La Pasqua a Siviglia

E’ uno spettacolo a cui occhi mortali a stento crederanno. La Semana Santa a Siviglia è una festa religiosa, ma pur sempre una grande e unica festa che si svolge per le strade della città. L’odore dell’incenso si mescola al sapore della birra venduta dagli ambulanti, i canti religiosi lasciano il posto a musiche trionfali suonate dalla banda e le immaginette sacre diventano l’involucro di dolci caramelle.

Non c’è nulla di dissacrante, tutt’altro non ho mai visto e respirato una religiosità più vera e autentica che a Siviglia durante la Semana Santa. Capita di vedere gli occhi bagnati dalle lacrime, capita di udire urla di gioia al passaggio della Virgen e un silenzio surreale quando a sfilare è il paso della Passione di Cristo.

I nazarenos con i loro cappucci colorati poi rappresentano quanto di più lontano esista per noi, se intravediamo pure i piedi nudi, un brivido ci percorrere la schiena. Una tradizione spirituale che affonda le radici nella notte dei tempi ma ancora viva e sentita da tutti i sivigliani.

E io che all’inizio mi meravigliavo del fatto che il giovedì santo ci fossero i supermercati chiusi, ora inizio a capire il grande lavoro e l’impegno che ogni persona mette per la realizzazione di questa festa. La consiglio; consiglio a chiunque di prendere e partire per Siviglia questa Pasqua 2013 e vedere con i propri occhi quell’immenso tappeto fiorito su cui si erge la statua della Virgen o un nazareno che da solo si dirige verso la sua chiesa e chissà che anche voi non riusciate ad emozionarvi…

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Los Baños Arabes de Sevilla

Perché si sa, tornare è sempre traumatico soprattutto se si tratta di un luogo in cui sei stata bene. Croce e delizia, ogni passo nella città che fino a qualche mese fa era tua ti provoca un’infinita gioia e un dolore incredibile per una vita che al momento non tornerà. Così sono tornata nella mia Siviglia, io, la italiana mas española del mundo, come ama dire la mia amica e coinquilina S. e il sole e il calore della città mi ha nuovamente riacceso il cuore e bagnato gli occhi di lacrime.

Ma nessuno ti conosce bene come le tue amiche, nessuno saprà coccolarti come le persone che ti vogliono bene e così appena arrivata, neanche il tempo di aprire le borse e distribuire parmigiano e biscotti della Mulino Bianco a destra e a manca, ecco un nuovo regalo. Una nuova amenità che Siviglia ha voluto amorevolmente regalarmi.

Così ho trascorso un’ora e mezza fuori dal tempo tra idromassaggi, piscine, hammam e nettari d’ambrosia. E quando entri ai baños arabes Aire de Sevilla ti chiedi perché mai ti fossero sfuggiti e benedici le tue care amiche per averti regalato un altro segreto di questa incantevole città..

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Los Angeles: un salto al Getty Museum

Oggi ho aperto il mio quaderno di viaggio che conservo da tempo immemorabile, in un angolo di una pagina avevo annotato Getty Museum, Los Angeles, farci assolutamente un salto”. Ricordo quella scritta, era una pausa-studio durante la preparazione del peggior esame di tutti i tempi: storia dell’arte.

L’idea mi era nata dalle parole della stessa professoressa, ripeteva sempre con leggerezza: ”Se passate da Los Angeles, fate un salto al Getty Museum”. Ricordo i sorrisi maliziosi, come se Los Angeles fosse dietro l’angolo… Era il 2008 e io avevo appena pianificato, con un netto anticipo di 6 mesi, il mio viaggio a Seattle e allora mi faceva sorridere il solo pensiero che si potesse organizzare una visita di “passaggio” nella Città degli Angeli. Ma erano, ahimè, altri tempi.

Oggi forse le parole della professoressa non mi suonerebbero più così strane: i voli verso gli USA si sono intensificati, e può capitare facilmente di trovare offerte last minute Milano Los Angeles. E allora il sogno di passare dal Getty Museum può diventare realtà…

Ho da sempre fantasticato su questo posto lontano, sui suoi dipinti e sulle opere, e ancora oggi dopo aver visto meraviglie come la Galleria Borghese, i Musei Vaticani, Palazzo Pitti, la Scuola Grande di San Rocco, e ancora la National Gallery, il Louvre e il Prado, il museo californiano è rimasto un po’ una spina nel fianco. L’idea di poter vedere il Velo della Veronica del Correggio, di cui tanto ho sentito parlare, mi inebria di gioia.

E forse qua gli appassionati di arte avrebbero un bel po’ da ridere, citando capolavori del Bel Paese e la nota querelle con l’Italia conclusa con la cessione di un buon numero di opere al nostro paese, ma poco importa. Una struttura all’avanguardia, un centro culturale di tutto rispetto che organizza mostre e rassegne di arte, e le recensioni entusiastiche che parlano di una splendida vista dalla collina del Getty Center, sono quanto basta per farmi inserire il museo tra le tappe della mia futura visita alla città.

Ed è proprio questo il momento migliore di un viaggio: quando seduta davanti al computer, guida e cartina alla mano traccio l’itinerario per la mia nuova avventura. E’ allora che carichi di emozione e di aspettative si cercano mete nascoste, luoghi segreti dove scoprire e fondersi con una cultura differente.

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