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Viaggio a tappe in Andalusia: la Mezquita di Córdoba

Se penso alla prima volta che sono stata qui mi viene da sorridere. Era fine gennaio 2012, un giovedì mattina in cui non avevo scuola, e faceva stranamente freddo. Indossavo una giacchetta leggera color cipria e ricordo che a metà giornata dovetti fare una tappa obbligata in un bar per un café con leche riscaldante. E’ stato il giorno in assoluto più freddo in Andalusia, facevano 10 gradi e nessuno era preparato.

Oggi invece fa un caldo pazzesco, nonostante siano quasi le 6 di sera, e la tappa al bar la si fa solo per rinfrescarsi con una birra ghiacciata nell’unico cono d’ombra possibile. Sto aspettando la mia guida, la mia coinquilina e amica sevillana originaria di Córdoba, C. che oggi mi insegnerà misteri e segreti della meravigliosa Mezquita di Córdoba, che lei stessa con gli occhi brillanti ama definire preciosa.

All’ingresso ci accoglie un forte odore di fiori d’arancio e lo zampillare di fontane e di rivoletti d’acqua: siamo nell’antico patio della moschea dove si era soliti fare le abluzioni, divenuto poi ingresso della Cattedrale cristiana. Una volta dentro vi assicuro che rimarrete senza fiato, storditi e totalmente incapaci di spiegare dove siate finiti, e non importa se anche fosse la seconda o la quarta volte che varcate quella soglia. Una selva di colonne, una foresta di pilastri e il rosso del mattone che si alterna alla pietra bianca fanno pensare di trovarsi dentro un’antica moschea, ma il coro rinascimentale posto impropriamente al centro ci ricorda che ora siamo nella Cattedrale della Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Córdoba.

Se pure Carlo V pare che a lavori ultimati disse al Capitolo Avete costruito qualcosa che voi o altri avreste potuto costruire ovunque, ma avete distrutto qualcosa di unico al mondo, a noi non resta che ricercare quelle antiche tracce arabe, quello stile mudejar che vive in squisiti mosaici dai colori dell’oro e del rosso ruggine che adornano il mihrab della Moschea. E quello di Córdoba è di una bellezza straordinaria.

Quando terminiamo la visita all’interno, C. mi conduce lungo le mura esterne ad ammirare le iscrizioni che risalgono al tempo del califfato. Le più belle sono le mura occidentali lungo calle Torrijos, qui si trova la porta più antica della moschea, Puerta de San Esteban, che l’iscrizione sovrastante fa risalire all’855, ma sarà la Puerta de San Miguel a vincere il titolo di luogo più antico dell’edificio risalendo a quella Cattedrale visigota dedicata a San Vincete che l’emiro Ab dar-Rahman I fece demolire per dare vita a una delle meraviglie di arte islamica in Andalusia.

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