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ExperienceIbizaTrip: non ho più sedici anni

Quando Federica mi ha chiesto se volevo partecipare ad un blog tour a Ibiza per conto di Viaggi Low Cost la mente è subito tornata indietro a dieci anni fa esatti: eccomi lì, una quasi sedicenne convinta che il mondo fosse quello raccontato dai greci e dai latini. Fu una vacanza surreale, mi ritrovai catapultata all’interno di un’immensa bolla di zucchero filato rosa, un paese dei balocchi solo per adulti che mi lasciò a bocca aperta.

Scoprì in men che non si dica, nonostante i miei natali riminesi, di non essere esattamente la regina della disco, di odiare con tutto il cuore gli schiuma party e di amare la spiaggia deserta delle dieci di mattina. Scoprì tutto questo a sedici anni proprio a Ibiza.

Ora mi veniva offerta la possibilità di tornare alla Isla bonita: nuovi occhi, dieci anni in più sulle spalle, compagni totalmente sconosciuti e accompagnatori d’eccezione pronti a presentarci su un piatto d’argento bellezze e meraviglie della loro isola. Un blog tour con tutti i crismi e un programma serrato che prevedeva ben pochi momenti di fiato. Che dire, non me lo sono fatta ripetere, sono partita e Ibiza mi ha lasciata ancora una volta a bocca aperta.

Eh sì, perché mentre sfilavano immagini mozzafiato di tramonti e di rocce a picco sul mare, mentre il verde dei pini correva veloce e si tuffava nelle acque cristalline, mentre ci si riempiva gli occhi e la bocca di meraviglie culinarie, il cuore si gonfiava di storie, di racconti e di sorrisi di quegli otto compagni di viaggio. Otto vite che mi sono sembrate centomila, favole rocambolesche, personaggi incantevoli che hanno illuminato mente e animo in un viaggio rigenerante.

Non ho più sedici anni, ma come allora odio discoteche, schiuma party e la vita notturna fatta di lustrini e paillettes. Ibiza sembrava saperlo e dall’alto di Dalt Vila, la vecchia città, o al tramonto a Cala Carbó mi ha insegnato i colori del suo mare, il rumore del suo vento regalandomi racconti e parole d’amicizia.

Grazie ai mie compagni di viaggio, a Maite dell’ufficio milanese del Turismo Spagnolo e a Carmen di Ibiza.travel che hanno organizzato il nostro #ExperienceIbizaTrip

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Di Barcellona, antibiotici e primi amori

Cronaca di un viaggio sgangherato, il primo viaggio sgangherato

I miei bambini sono sempre curiosi, soprattutto la classe di otto anni. Mi riempiono di domande, mi chiedono aneddoti sulla mia vita, sull’Italia, sulla pasta e sul clima. Quando li voglio far ridere fino alle lacrime porto in classe una foto del mare di Rimini con la neve, c’è sempre qualcuno che puntualmente mi chiede: Ma signorina l’ha disegnato lei??

Un giorno nel bel mezzo di una noiosissima lezione sugli aggettivi, un nanetto alza la mano, strano non lo fanno mai, e mi domanda curioso: Di preciso, quando ha iniziato a piacerle la Spagna?? Totalmente fuori tempo e per questo si beccò uno di quegli sguardi truci nonèilmomentoorapensagliaggettivi, ma poi sul treno che da Dos Hermanas mi riporta a Sevilla non ho fatto altro che pensare a quel primo viaggio in Spagna, era il 2006 e con due amiche partimmo da Bologna alla volta di Barcellona, fu il nostro primo viaggio sgangherato. Sgangherato perché allora non c’erano i voli per Barcellona low cost, non c’era booking o trip advisor ad aiutarci ma solo il nostro istinto. Ma soprattutto perché le vere sgangherate eravamo noi che partimmo ognuna con i nostri mali, il cuore a pezzi, un febbrone da cavallo e quantitativi di antibiotici nella valigia. Ma furono quattro giorni splendidi e fu lì che mi innamorai della Spagna e dei suoi colori.

Un primo amore che porto nel cuore, una Barcellona teatrale e bizzarra dal cielo azzurro e dall’accento italiano, un ricordo che si confonde tra i colori e i sapori del Mercato della Boqueria e lo stupore nel perdersi tra i vicoletti del Barri Gòtic della Ciutat Vella. Ricordo fosse Pasqua e le panetterie vendevano il dolce tipico pasquale la Mona e agli angoli delle strade non mancavano spettacoli, canti e balli improvvisati.

Quel viaggio fu il tipico viaggio da turiste imbottite di antibiotici e con al collo una macchina fotografica. Percorremmo Las Ramblas una ventina di volte, arrivammo fino al mare e alla spiaggia. Scoprimmo Gaudì e le sue opere, rimanemmo senza fiato di fronte alla bellezza di una Barcellona vista dall’alto del monte Tibidabo e ci riposammo sulle scalinate del Museu Nacional d’Art de Catalunya mentre una splendida Plaça d’Espanya al tramonto si stendeva sotto i nostri piedi.

Sono ritornata a Barcellona e ho cercato di ripercorrere Las Ramblas con quella stessa curiosità ingenua di quel lontano e sgangherato viaggio. Vi dirò di più, mi sono spinta verso La Barceloneta e ho ricercato quel ristorante raffinato ed elegante che ci consigliò il gestore del nostro hotel e dove rompemmo le nostre prime croste di una squisita crema catalanaE mi innamorai, ancora una volta.

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Viaggio a tappe in Andalusia: la Mezquita di Córdoba

Se penso alla prima volta che sono stata qui mi viene da sorridere. Era fine gennaio 2012, un giovedì mattina in cui non avevo scuola, e faceva stranamente freddo. Indossavo una giacchetta leggera color cipria e ricordo che a metà giornata dovetti fare una tappa obbligata in un bar per un café con leche riscaldante. E’ stato il giorno in assoluto più freddo in Andalusia, facevano 10 gradi e nessuno era preparato.

Oggi invece fa un caldo pazzesco, nonostante siano quasi le 6 di sera, e la tappa al bar la si fa solo per rinfrescarsi con una birra ghiacciata nell’unico cono d’ombra possibile. Sto aspettando la mia guida, la mia coinquilina e amica sevillana originaria di Córdoba, C. che oggi mi insegnerà misteri e segreti della meravigliosa Mezquita di Córdoba, che lei stessa con gli occhi brillanti ama definire preciosa.

All’ingresso ci accoglie un forte odore di fiori d’arancio e lo zampillare di fontane e di rivoletti d’acqua: siamo nell’antico patio della moschea dove si era soliti fare le abluzioni, divenuto poi ingresso della Cattedrale cristiana. Una volta dentro vi assicuro che rimarrete senza fiato, storditi e totalmente incapaci di spiegare dove siate finiti, e non importa se anche fosse la seconda o la quarta volte che varcate quella soglia. Una selva di colonne, una foresta di pilastri e il rosso del mattone che si alterna alla pietra bianca fanno pensare di trovarsi dentro un’antica moschea, ma il coro rinascimentale posto impropriamente al centro ci ricorda che ora siamo nella Cattedrale della Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Córdoba.

Se pure Carlo V pare che a lavori ultimati disse al Capitolo Avete costruito qualcosa che voi o altri avreste potuto costruire ovunque, ma avete distrutto qualcosa di unico al mondo, a noi non resta che ricercare quelle antiche tracce arabe, quello stile mudejar che vive in squisiti mosaici dai colori dell’oro e del rosso ruggine che adornano il mihrab della Moschea. E quello di Córdoba è di una bellezza straordinaria.

Quando terminiamo la visita all’interno, C. mi conduce lungo le mura esterne ad ammirare le iscrizioni che risalgono al tempo del califfato. Le più belle sono le mura occidentali lungo calle Torrijos, qui si trova la porta più antica della moschea, Puerta de San Esteban, che l’iscrizione sovrastante fa risalire all’855, ma sarà la Puerta de San Miguel a vincere il titolo di luogo più antico dell’edificio risalendo a quella Cattedrale visigota dedicata a San Vincete che l’emiro Ab dar-Rahman I fece demolire per dare vita a una delle meraviglie di arte islamica in Andalusia.

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Un viaggio a Tarifa: la playa de Bolonia

Ho costanti déjà-vu. Un profumo, un colore, un raggio di sole mi trasportano indietro nel tempo, in luoghi lontani: come tanti biglietti aerei gratuiti. E così mentre sono in fila in macchina ad una rotonda, mentre aspetto paziente alla cassa del supermercato, mentre l’impiegato delle poste mi mette davanti uno scatafascio di pratiche da firmare per inviare un pacchetto grande un’unghia, la mia mente viaggia sempre lontano. C’è chi dice che ho perennemente la testa fra le nuvole e purtroppo ha ragione. Dimentico cose, date importanti, sovrappongo appuntamenti e ho la casa invasa da post-it che mi rimandano ad altri post-it sbiaditi e dagli angoli ricurvi. Sono una smemorata, ma giuro non ho mai perso un treno, un aereo e non ho mai sbagliato le coincidenze di autobus e metropolitane: ho la testa fra le nuvole che sa fare un’unica cosa, viaggiare.

Così questa mattina mentre mettevo in moto la macchina lasciando cadere a terra l’iphone tra le maledizioni comuni a tutti, mi sono ricordata di quella volta quando esasperata dal caldo torrido del maggio sivigliano ho convinto due girandoloni a prendere a noleggio un’auto e a scappare in spiaggia.

La mattinata era iniziata alle 7- vi giuro che per strada alle 7 di domenica mattina non incontrerete nessuno se non i festaioli della notte prima- e subito ci siamo brutalmente scontrati con la burocrazia spagnola. Perché eravamo italiani, ma pagavamo con una carta di credito spagnola. Le acrobazie e la bontà del coinquilino madrileño di uno dei due miei compagni che ha abbandonato il letto per mettere a soqquadro la camera dell’amico, trovare il suo NIE, fotografarlo e inviarlo via mail alla gentile segretaria dell’agenzia sono valse la levataccia e già di per sé tutta la giornata. Alla fine siamo partiti intorno alle 10 e la meta era Cadiz, poi ci siamo persi e siamo arrivati a Tarifa e alla sua splendida Playa de Bolonia.

Qui poco sotto le rovine di un’antica città romana che ti fa pensare sin da subito a quanto fossero bravi questi romani ad accaparrarsi i posti più belli della terra si estendono 4 chilometri di spiaggia con una sabbia bianca e fine che si perde nel blu dell’oceano, la circondano dune e una meravigliosa vegetazione di pini marittimi. Bolonia è famosa in tutta l’Andalusia proprio per la sua duna alta più di 30 metri e dichiarata patrimonio naturale nel 2001: arrivare in cima, sconfiggendo il vento, è un po’ come affrontare il deserto ma chi dice che la scalata vale solo per la vista dall’alto credo proprio fosse stato qui a Bolonia.

Il museo, le rovine del Baelo Claudia, e i chiringuitos che ti cucinano pesce fresco alla griglia: un incantevole dipinto, racconto perfetto di una giornata al mare nel profondo sud dell’Andalusia. E poi anche al ritorno abbiamo perso la rotta e qualcuno dall’Italia ci ha dato le indicazioni con un navigatore che navigava meglio del nostro e abbiamo corso contro il tempo per arrivare a Plaza des Armas e salire sull’ultimo autobus per Madrid, ma questa è un’altra storia…

Grazie a ValeGirotondo per la foto e per essere compagna di viaggio divertente e instancabile.

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Los Baños Arabes de Sevilla

Perché si sa, tornare è sempre traumatico soprattutto se si tratta di un luogo in cui sei stata bene. Croce e delizia, ogni passo nella città che fino a qualche mese fa era tua ti provoca un’infinita gioia e un dolore incredibile per una vita che al momento non tornerà. Così sono tornata nella mia Siviglia, io, la italiana mas española del mundo, come ama dire la mia amica e coinquilina S. e il sole e il calore della città mi ha nuovamente riacceso il cuore e bagnato gli occhi di lacrime.

Ma nessuno ti conosce bene come le tue amiche, nessuno saprà coccolarti come le persone che ti vogliono bene e così appena arrivata, neanche il tempo di aprire le borse e distribuire parmigiano e biscotti della Mulino Bianco a destra e a manca, ecco un nuovo regalo. Una nuova amenità che Siviglia ha voluto amorevolmente regalarmi.

Così ho trascorso un’ora e mezza fuori dal tempo tra idromassaggi, piscine, hammam e nettari d’ambrosia. E quando entri ai baños arabes Aire de Sevilla ti chiedi perché mai ti fossero sfuggiti e benedici le tue care amiche per averti regalato un altro segreto di questa incantevole città..

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